CASTIGO
(Punishment)
Italia, 2021 / 18′
diretto da
Cristina Di Lorito
con
Alberto Anello
Regia | Cristina Di Lorito |
Direttore della Fotografia | Matteo Rea |
Scritto da | Paolo Casciani |
Montaggio | Cristina Magazzeni |
Musica | Alex Sbaraglia |
Scenografia | Gianluca Amodio |
Costumi | Francesca Giannini |
Suono | Andrea Massi |
Produttore Esecutivo | Peperonito Film |
Distribuzione | Esen Studios |



MIGLIOR CORTOMETRAGGIO FICTION

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO FICTION

OFFICIAL SELECTIONS
- Orlando FIlm Festival (USA)
- FantaFestival (Italia)
- Portobello Film Festival (UK)
- Los Angeles, Italia – Film, Fashion and Art Festival (USA)
- Lighthouse International FIlm Festival (USA)
- Torino Underground Cinefest (Italia)
- Capri, Hollywood Film Festival (Italia)
- Birmingham Film Festival (UK)
- Visual Fest (Italia)
- Life Beyond Life Film Festival (Italia)

OFFICIAL SELECTIONS
- Orlando FIlm Festival (USA)
- FantaFestival (Italia)
- Portobello Film Festival (UK)
- Los Angeles, Italia – Film, Fashion and Art Festival (USA)
- Lighthouse International FIlm Festival (USA)
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- Birmingham Film Festival (UK)
- Visual Fest (Italia)
- Life Beyond Life Film Festival (Italia)
Cristina Di Lorito, classe 1991, si diploma in Regia e Montaggio alla “Scuola di cinema IFA” di Pescara. Nel 2014 dirige e monta il cortometraggio di diploma “(Fuori) Controllo”. Nel 2015 co-dirige con Fabio D’Onofrio il cortometraggio “Amen”, premiato come Miglior Corto d’Abruzzo durante il Festival del cinema Flaiano. Nel 2017 dirige il Booktrailer “Il Risveglio”, ispirato alla raccolta di racconti “Tutti Bambini” di Giuseppe Zucco. Il lavoro rientra tra i finalisti del concorso “BookCiakAzione – 2017” che si tiene durante le Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2018 monta il cortometraggio “Conversazione Privata” di Antonio Genovese e viene candidata per il Miglior Montaggio all’Ivelise Film Festival di Roma.

Cristina Di Lorito
Note di regia:
“Castigo” ripropone l’eterno scontro tra uomo e natura. Nel farlo spinge lo spettatore ad osservare la storia da una prospettiva diversa. Come spettatori è facile condannare chi gestisce allevamenti intensivi. Ma faremmo lo stesso con un uomo che si limita ad allevare i suoi animali e a raccogliere i frutti del suo lavoro? È facile empatizzare con un uomo come il pastore protagonista della storia. Ma se allo spettatore fosse richiesto di empatizzare con l’animale? Dal punto di vista di una mucca, che differenza c’è tra un magnate della carne in scatola e un semplice fattore che passa la vita a sfruttare lei e la sua “famiglia”?