|

Andrei, un ragazzo moldavo, vive nella periferia di Roma insieme con la madre e la sorella di 16 anni, a cui fa da padre. Le sue giornate sono scandite dalle corse con l’auto, il lavoro come stalliere e le serate con gli amici. Sogna di diventare un artista musicale, anche se i problemi economici lo spingono in un’altra direzione.

 

Poster del documentario "Tineret" di Nicolò Ballante
|
Andrei, un ragazzo moldavo, vive nella periferia di Roma insieme con la madre e la sorella di 16 anni, a cui fa da padre. Le sue giornate sono scandite dalle corse con l’auto, il lavoro come stalliere e le serate con gli amici. Sogna di diventare un artista musicale, anche se i problemi economici lo spingono in un’altra direzione.

 

Poster del documentario "Tineret" di Nicolò Ballante

TINERET

Italia  2024 / 63′

un film di
Nicolò Ballante

con
Andrei Grigorita
Daniela Grigorita
Marika Isciuc
Matteo Florio
Gaetano Mosca

Sceneggiatura Nicolò Ballante
Andrei Grigorita
Direttore della Fotografia Nicolò Ballante
Editor Cecilia Casella
Nicolò Ballante
Musica St.Moldavo
Dejacquet
Suono Andrea Castiglioni
Fonico di Mix Matteo Di Simone
Produttore Simonetta Bonati
Nicolò Ballante
Distribuzione Esen Studios

Nicolò Ballante, regista

Nicolò Ballante

Nicolò Ballante, classe 1998, è un giovane regista e direttore della fotografia. Nel 2018 si iscrive alla RUFA -Rome University of Fine Arts, dove inizia a muovere i suoi primi passi nelle produzioni accademiche e indipendenti. Ha diretto la fotografia di spot per Sebago, di cortometraggi indipendenti e videoclip musicali di artisti emergenti e affermati come Tutti Fenomeni, Gianni Bismark. “Tineret” è il suo primo lungometraggio indipendente.

Note di regia

Tineret è un film nato senza sceneggiatura. Avevo inizialmente un canovaccio che soprattutto nel primo anno mi ha aiutato a sentirmi più “protetto”. Il film in realtà si è costruito da solo durante un percorso di 4 anni, in cui io e Andrei siamo cresciuti insieme. Il titolo, che tradotto dal moldavo significa “giovinezza”, intende evocare anche questo. Le sensazioni che provavamo, seppur in modo diverso, erano le stesse. La paura di rimanere ingabbiati in una situazione senza via di uscita, un sogno che può frantumarsi, la paura di non essere abbastanza bravi.
Volevo fare un film che evocasse queste sensazioni, ma che parlasse anche di famiglia, del rapporto di un figlio con la propria madre, del senso di responsabilità verso una sorella di 16 anni e dell’essere “padre” a 20 anni.
È un film che cerca di osservare una generazione cresciuta con la “Trap”, che prova in tutti i modi ad essere libera, e lo fa attraverso la musica, che a volte sembra l’unico ascensore sociale e l’unica via per potercela fare.